Il termine deriva dal latino censere e significa valutare, censire. Da fonti storiche sembra che i primi censimenti furono effettuati su larga scala dalle grandi civiltà della Mesopotamia ed in particolar modo dai Sumeri nel IV millennio a.C.. Tale valutazione serviva per pianificare le risorse agrarie ed umane in un’epoca di continue guerre e carestie. In seguito gli antichi Egizi affinarono questi sistemi di rilevazione censuaria per quantificare la popolazione in maniera capillare, sia per far fronte alle risorse alimentari, che per utilizzarla come manodopera o forza bellica. In Cina ed in India, furono approntati i primi conteggi della popolazione, intorno al III millennio a.C., valutando le risorse finanziarie delle famiglie. Da ciò si evince che i primi censimenti si ebbero nelle terre storicamente più popolate, in cui la densità demografica, la natalità e la mobilità, erano (e sono) utili indicatori per la sopravvivenza di intere popolazioni. Il più antico censimento di cui si conoscono i risultati è quello tramandato dalla Bibbia, effettuato da Mosè attorno al XIII secolo a.C., nel deserto del Sinai, dopo l’esodo dall’Egitto, censendo i capifamiglia, per distinzione del mestiere e del censo, e tutti i componenti di sesso maschile. I censimenti vennero effettuati anche dai Greci e dai Romani. Risale al 709 a.C. la Tabula Heracleensis, nella quale furono annotatati i risultati dell’attività censuaria conteggiando la popolazione per prenome, nome, cognome, appartenenza alla famiglia, il reddito, il censo, ecc.. Tre secoli dopo furono istituiti i Censores, magistrati incaricati di censire la popolazione. Eletti ogni cinque anni dai comizi centuriati, svolgevano attività di conteggio e di classificazione per l’ordinamento delle liste elettorali, delle milizie e dei tributi. I censores rimanevano in carica per diciotto mesi, tempo previsto per eseguire il censimento della cittadinanza secondo classi di censo. E’ da questo momento che viene introdotto il concetto di periodicità del censimento, gettando così le basi fondamentali per il censimento moderno. L’ attività proseguì a fasi alterne anche nel Medio-Evo: nel XIII secolo vennero effettuate rilevazioni periodiche della popolazione appartenente ai Comuni ed alle Repubbliche italiane: lo stato italiano che istituì il primo censimento universale fu la Repubblica di Venezia verso la metà del 1300, che si premurò di censire la propria popolazione secondo criteri di età, professione, sesso, nazionalità e condizione sociale. Il censimento venne ripetuto periodicamente nei secoli successivi giungendo, nel 1600 all’uso di formulari prestampati molto simili agli odierni questionari . Il primo censimento in senso moderno si ebbe nel 1701 in Islanda. Successivamente in Svezia, in Germania, in Norvegia, in Spagna e sul finire del secolo, negli Stati uniti. Nel secolo XIX ebbe luogo in quasi tutti gli stati europei: nel 1800 in Francia, nel 1801 in Inghilterra e Danimarca, nel 1821 in Irlanda, nel 1829 in Olanda, nel 1837 in Svizzera, nel 1846 in Belgio, nel 1853 nello Stato Pontificio, nel 1856 in Grecia, nel 1857 nel Lombardo-Veneto, nel 1858 nel Regno di Sardegna. In Italia, il primo censimento ufficiale risale al 1861, cioè subito dopo l'Unità d’Italia. Da quel momento, con cadenza decennale, sono state eseguite 14 rilevazioni (a parte il 1891, per mancanza di fondi, ed il 1941 , a causa della II Guerra Mondiale), l'ultima delle quali risale all’anno 2001. Da diversi decenni i censimenti sono effettuati dall' ISTAT.
fonte: comune.seravezza.lucca.it
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ottimo
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