L'obiettivo è assegnare un numero di identificazione di dodici cifre sulla base di dati biometrici
Due settimane fa il governo indiano ha deciso di includere nel censimento della popolazione in corso la
controversa questione dell’appartenenza castale. Avevamo approfittato della notizia per spiegare che cosa sono le caste e come funzionano, e per smontare alcuni degli equivoci più diffusi legati alla struttura della società indiana. Ci siamo accorti però che il censimento è di per sé una storia incredibile e che l’eroica impresa di contare oltre un miliardo e duecentomila persone – di cui il settanta per cento residente in aree rurali – merita di essere raccontata a parte.
L’ultimo censimento in India c’era stato nel 2001 e aveva rilevato la presenza di 1.166.079.217 persone. Questa volta però il governo ha deciso di non limitarsi a contare la popolazione indiana, ma di assegnare a ogni singolo cittadino sopra i quindici anni un Unique Identity Number (UIN), un numero identificativo univoco. La mancanza di un codice d’identificazione di questo tipo è infatti uno degli ostacoli maggiori per garantire alle persone più povere l’accesso ad alcuni servizi di base, come l’apertura di un conto bancario o la possibilità di ricevere i benefici previsti dai programmi di welfare del governo. Per i prossimi cinque anni il governo indiano ha stanziato 250 miliardi di dollari per programmi di assistenza sociale, soprattuto in forma di posti di lavoro e sussidi per cibo, benzina e fertilizzanti. In assenza di un sistema di identificazione certo, si stima che circa il 40 per cento di questi sussidi finirebbero nelle mani delle persone sbagliate, che riuscirebbero a impossessarsene impropriamente per poi rivenderli sottobanco. I documenti in uso finora – ad esempio le cosiddette ration cards, tessere con cui si ha diritto a razioni di beni di prima necessità gratis o a prezzi molto bassi – sono emessi su semplici fogli di carta e quindi possono essere facilmente falsificati.
Per risolvere questo problema il governo indiano ha lanciato quello che molti considerano il più ambizioso progetto di identificazione di massa che sia mai stato tentato. Per farlo ha reclutato alcuni dei migliori ingegneri e guru informatici indiani sparsi in giro per il mondo, tra cui il co-fondatore del servizio di foto online Snapfish e molti dipendenti di Google, Yahoo! e Intel. Il meccanismo è questo: per ogni cittadino si raccolgono non solo le classiche informazioni anagrafiche (nome, data di nascita, sesso, residenza, status familiare, occupazione), ma anche foto, impronte digitali e scansioni dell’iride. Tutte le informazioni sono poi archiviate in un enorme database centrale e lì associate a un numero identificativo di dodici cifre che viene poi spedito per posta. Passaporti, carte d’identità, patenti di guida, ration cards, tutto dovrà poi avere quelle dodici cifre stampate sopra o incorporate con un chip elettronico.
Molti paesi hanno già iniziato a includere gli strumenti della biometrica nei sistemi di identificazione dei loro cittadini, ma nessuno ci ha mai provato su questa scala. Ogni giorno, centinaia di dipendenti del governo – detti Enumerators, Numeratori – si mettono in viaggio verso i più remoti villaggi dell’India e iniziano a raccogliere le informazioni. Nei giorni precedenti il loro arrivo, i giornali e le radio locali danno notizia dell’avvio delle operazioni di identificazione. In ogni caso, per assicurarsi che proprio tutti lo sappiano, i
Numeratori visitano ogni singola abitazione e appendono vicino alla porta un foglio che comunica l’inizio della conta in quella zona. Quindi vengono allestiti degli stand in cui le persone devono andare per lasciare i loro dati e per farsi fotografare. Il passo successivo consiste nella pubblicazione dei dati così raccolti nei luoghi più in vista del villaggio, in modo che chi ha delle obiezioni lo possa comunicare prima che vengano archiviati definitivamente. Finita questa fase di revisione, i dati vengono spediti alla Unique Identity Authority of India (UIDAI), che dopo averli analizzati assegna un numero identificativo a ogni persona.
Mercoledì il governo indiano ha distribuito i primi dieci Unique Identity Numbers (UIN). La consegna simbolica è stata effettuata direttamente dal primo ministro Manmohan Singh e da Sonia Gandhi – presidente del Partito del Congresso Indiano attualmente al governo – in uno dei villaggi più poveri dello stato centro-occidentale del Maharashtra, Tembhli. Nonostante i difensori della privacy abbiano criticato la scelta del governo di raccogliere così tante informazioni sensibili, l’operazione finora sembra riscuotere un notevole successo.
A Tembhli, la maggior parte degli abitanti non ha dubbi: «Aiuterà i nostri figli a essere ammessi nelle scuole, e aiuterà noi a ottenere i sussidi ovunque andremo», dicono. Qui, famiglie di cinque o sei persone vivono spesso con soli 40 dollari al mese: l’accesso ai sussidi è fondamentale per la loro sopravvivenza. Il governo spera di riuscire ad assegnare i primi cento milioni di UIN entro marzo, seicento milioni nei prossimi quattro anni.
fonte: http://www.ilpost.it/2010/10/01/india-censimento-caste/
L’ultimo censimento in India c’era stato nel 2001 e aveva rilevato la presenza di 1.166.079.217 persone. Questa volta però il governo ha deciso di non limitarsi a contare la popolazione indiana, ma di assegnare a ogni singolo cittadino sopra i quindici anni un Unique Identity Number (UIN), un numero identificativo univoco. La mancanza di un codice d’identificazione di questo tipo è infatti uno degli ostacoli maggiori per garantire alle persone più povere l’accesso ad alcuni servizi di base, come l’apertura di un conto bancario o la possibilità di ricevere i benefici previsti dai programmi di welfare del governo. Per i prossimi cinque anni il governo indiano ha stanziato 250 miliardi di dollari per programmi di assistenza sociale, soprattuto in forma di posti di lavoro e sussidi per cibo, benzina e fertilizzanti. In assenza di un sistema di identificazione certo, si stima che circa il 40 per cento di questi sussidi finirebbero nelle mani delle persone sbagliate, che riuscirebbero a impossessarsene impropriamente per poi rivenderli sottobanco. I documenti in uso finora – ad esempio le cosiddette ration cards, tessere con cui si ha diritto a razioni di beni di prima necessità gratis o a prezzi molto bassi – sono emessi su semplici fogli di carta e quindi possono essere facilmente falsificati.
Per risolvere questo problema il governo indiano ha lanciato quello che molti considerano il più ambizioso progetto di identificazione di massa che sia mai stato tentato. Per farlo ha reclutato alcuni dei migliori ingegneri e guru informatici indiani sparsi in giro per il mondo, tra cui il co-fondatore del servizio di foto online Snapfish e molti dipendenti di Google, Yahoo! e Intel. Il meccanismo è questo: per ogni cittadino si raccolgono non solo le classiche informazioni anagrafiche (nome, data di nascita, sesso, residenza, status familiare, occupazione), ma anche foto, impronte digitali e scansioni dell’iride. Tutte le informazioni sono poi archiviate in un enorme database centrale e lì associate a un numero identificativo di dodici cifre che viene poi spedito per posta. Passaporti, carte d’identità, patenti di guida, ration cards, tutto dovrà poi avere quelle dodici cifre stampate sopra o incorporate con un chip elettronico.
Molti paesi hanno già iniziato a includere gli strumenti della biometrica nei sistemi di identificazione dei loro cittadini, ma nessuno ci ha mai provato su questa scala. Ogni giorno, centinaia di dipendenti del governo – detti Enumerators, Numeratori – si mettono in viaggio verso i più remoti villaggi dell’India e iniziano a raccogliere le informazioni. Nei giorni precedenti il loro arrivo, i giornali e le radio locali danno notizia dell’avvio delle operazioni di identificazione. In ogni caso, per assicurarsi che proprio tutti lo sappiano, i
Numeratori visitano ogni singola abitazione e appendono vicino alla porta un foglio che comunica l’inizio della conta in quella zona. Quindi vengono allestiti degli stand in cui le persone devono andare per lasciare i loro dati e per farsi fotografare. Il passo successivo consiste nella pubblicazione dei dati così raccolti nei luoghi più in vista del villaggio, in modo che chi ha delle obiezioni lo possa comunicare prima che vengano archiviati definitivamente. Finita questa fase di revisione, i dati vengono spediti alla Unique Identity Authority of India (UIDAI), che dopo averli analizzati assegna un numero identificativo a ogni persona.
Mercoledì il governo indiano ha distribuito i primi dieci Unique Identity Numbers (UIN). La consegna simbolica è stata effettuata direttamente dal primo ministro Manmohan Singh e da Sonia Gandhi – presidente del Partito del Congresso Indiano attualmente al governo – in uno dei villaggi più poveri dello stato centro-occidentale del Maharashtra, Tembhli. Nonostante i difensori della privacy abbiano criticato la scelta del governo di raccogliere così tante informazioni sensibili, l’operazione finora sembra riscuotere un notevole successo.
A Tembhli, la maggior parte degli abitanti non ha dubbi: «Aiuterà i nostri figli a essere ammessi nelle scuole, e aiuterà noi a ottenere i sussidi ovunque andremo», dicono. Qui, famiglie di cinque o sei persone vivono spesso con soli 40 dollari al mese: l’accesso ai sussidi è fondamentale per la loro sopravvivenza. Il governo spera di riuscire ad assegnare i primi cento milioni di UIN entro marzo, seicento milioni nei prossimi quattro anni.
fonte: http://www.ilpost.it/2010/10/01/india-censimento-caste/
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